Convento di Sant’Anna

Convento di Sant’Anna

Progetto, memoria e futuro. Proposte per la Ricostruzione Post-sisma

Prima della riedificazione a opera dei Padri riformati di San Francesco nell’anno 1616, il complesso sacro era adibito a monastero di Clarisse: queste nate come Ordine secondario francescano, furono nel XV secolo introdotte nell’Ordine benedettino –data l’impossibilità per le monache di appartenere a un Ordine mendicante.

Questo convento, che apparteneva alla provincia francescana dell’Aquila della chiesa di San Bernardino, conserva tutti gli stilemi dell’ordine francescano basati sulla semplicità l’umiltà, la gioia e il servizio nei confronti dei più deboli, uno stile di vita di grande valore morale. L’edificio ancora oggi fa trasparire tali qualità ma alcune date per una breve sintesi storica sono necessarie per capire i travagli subiti nei secoli da questo bene. Nel febbraio del 1703 un violentissimo terremoto rade al suolo il paese di Borbona, si salvano soltanto il convento e due palazzi di epoca cinquecentesca. Anche la chiesa subisce danni e il suo odierno disallineamento delle navate molto probabilmente è dipeso dalle violentissime scosse subite.
Nel 1811 le soppressioni napoleoniche confiscano i beni religiosi e anche il convento segue questa sorte. Tutti i documenti relativi alla storia del convento vengono bruciati dai soldati che vi si accampano, per sfuggire ai forti rigori invernali.
Nel 1853 i frati acquisiscono di nuovo l’uso del convento. Soltanto questo convento e quello di Antrodoco vengono restituiti ai Francescani perché secondo un’ordinanza di papa Pio IX potevano essere riaperti i conventi gestiti da un minimo di 12 frati. Gli altri conventi della zona, pur importanti, come quello di Leonessa e di altri rimangono chiusi. Questo a testimonianza dell’importanza che rivestiva questo luogo per l’ordine.
Purtroppo questa riconquista dura pochi anni perché nel 1866 dopo l’unificazione d’Italia, la casa sabauda confisca molta parte dei beni ecclesiastici siti sul territorio italiano, fra cui questo convento.
Diventa poi carcere mandamentale dopo una breve convivenza fra Francescani e Carabinieri.

Oggi il Comune sta realizzando lavori per la sua manutenzione e gli studenti della Facoltà di Architettura di Roma TRE gli hanno dedicato un laboratorio di progettazione, coinvolgendo la comunità borbontina, per scoprire il suo migliore utilizzo futuro, ed in merito è stato pubblicato un volume dal titolo

Progetto, memoria e futuro dei luoghi post-sisma: Prtoposte per il recupero dell’ex Convento di S. Anna a Borbona.


Il convento nei decenni passati ha subìto molti danni dovuti soprattutto alla mancanza di fondi che garantissero la manutenzione dei tetti, molto danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua. Dato il numero, per nostra fortuna, ingente di beni del patrimonio italiano non c’è stato modo di trovare fondi da destinare alla manutenzione di questo bene che risulta essere molto importante in un territorio mutilato di importanti evidenze storico-culturali a causa del terremoto. Quindi sempre più rilevanza acquistano quei beni che ancora si possono salvare dal degrado.  

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Il Ciclo di affreschi dedicati alla vita di San Francesco

Nello spazio monasteriale e poi conventuale spiccano le arcate scandite da imposte quattrocentesche di ordine tuscanico. I modesti locali ricavati nel complesso architettonico conservano due affreschi rappresentanti l’Immacolata Concezione e l’Ultima Cena. Tracce di pittura rappresentante l’Apparizione del Crocifisso a San Francesco si nota su una parete al piano superiore.
All’interno del Convento si può ammirare il ciclo di affreschi raffigurante Storie di San Francesco. Su tre lati del chiostro erano dipinte 20 lunette, oggi ne sono sopravvissute 18, oggetto di restauro. Le lunette ospitate lungo tre lati del chiostro narrano le vicende biografiche di San Francesco, correntemente attribuite a pittori della cerchia di Vincenzo Manenti, tranne le prime due vicino all’ingresso, riconducibili al ricordato pittore fiorentino Monaldi. Il pittore Vincenzo Manenti di Orvinio (RI), vissuto dal 1600 al 1674, figlio d’arte, studiò a Roma con il Cavalier d’Arpino e il Domenichino ed era considerato il pittore più prolifico di tutto il Lazio per un periodo di almeno cinquant’anni. Specializzato in scene di soggetto sacro con forte valenza ritrattistica, proponeva un “linguaggio ecumenico e cordiale, didatticamente incisivo ed emotivamente coinvolgente”.. Probabilmente al periodo 1650- 1660, si riferisce l’affresco delle lunette, periodo questo in cui la bottega del Manenti era particolarmente attiva su questo territorio e coordinata dal figlio Scipione.


Le immagini, riprodotte ormai quasi 20 anni fa, ci aiutano nell’individuare i temi che vengono dichiarati: Francesco che vende il cavallo, Francesco che mostra le rose agli angeli, Francesco consolato dall’Angelo, Francesco che riceve in braccio il bambino, l’Angelo vestito da pellegrino che predice il futuro a Francesco.
Dallo scorso gennaio 2020, sono iniziati i lavori di consolidamento, messa in sicurezza e conservazione delle lunette da parte di OperaMarche, rete di impresa per la conservazione e il restauro, costituita da Adriana Malpiedi e Alberto Spurio Pompili.